Siepe Carsica

Raramente di origine naturale, più spesso create dall’uomo allo scopo di delimitare coltivi o pascoli e talvolta utilizzate per la produzione di frutti selvatici (nocciole, more), anche in rapporto alle attività di uccellagione, le siepi sono assurte a elemento inconfondibile del paesaggio. Esse possono differire anche sensibilmente nella composizione floristica, tuttavia la loro struttura fondamentale è fornita da arbusti e laberi di medie dimensioni in genere sottoposti a periodiche potature.
Le siepi del Carso triestino sono riconducibili a tre tipi principali:
  • siepi pioniere a ciliegio canino (Frangulo rupestris – Prunetum mahaleb Poldini 80);
  • siepi a ligustro e rovi (Rubo ulmifolii – Ligustretum vulgare Poldini 80);
  • corileti a bucaneve (aggruppamento a Corylus avellana e Galanthus nivalis).
Le prime, termofile, costituiscono la vegetazione arbustiva pioniera delle “grize” carsiche; la loro origine naturale viene ipotizzata in base all’affinità floristica ed ecologica con la boscaglia carsica, della quale mantengono alcuni elementi essenziali come Fraxinus ornus, Quercus pubescens, Ostrya carpinifolia, Acer monspessulanum, che si aggiungono a Prunus mahaleb, Frangula rupestris, Juniperus communis, Rubus ulmifolius, Cotinus coggygria, Asparagus acutifolius, di indole più francamente pioniera. Le siepi a ligustro e rovi, non rappresentate a Carsiana, appaiono come un fitto intrico di arbusti termofili, fra cui spiccano Ligustrum vulgare, Cornus sanguinea, Acer campestre, Rubus ulmifolius, cui si accompagnano liane come Hedera helix e Clematis vitalba. Localmente sono note con il nome di “graie”.
I corileti a bucaneve, tipici di ambienti freschi, si pensa abbiano avuto origine per la massima parte dal taglio dell’Asaro-carpineto, il bosco di dolina, del quale dovettero formare il margine (orlo arbustivo). Si presentano perciò come un denso cescpuglieto dominato da Corylus avellana, accompagnato da Acer campestre, Cornus mas, Cornus sanguinea, Fraxinus ornus, Hedera helix, Prunus spinosa, Sambucus nigra; fra le erbe ricordiamo Galanthus nivalis, Helleborus multifidus/istriacus, Primula vulgaris, Lathyrus niger, Asarum europaeum, Salvia glutinosa.
In conclusione vogliamo sottolineare che, ai significati tradizionali esposti in precedenza, le siepi ne hanno assunti nuovi e più pregnanti. Nelle pianure, i territori più fortemente alterati e compromessi dalle attività umane, laddove non siano state cancellate da un esasperato sfruttamento agricolo, esse assolvono all’insostituibile ruolo di oasi di rifugio per numerosissime specie vegetali e animali, per cui le siepi stesse divengono autentici “serbatoi biologici”.